5 competenze essenziali per i new manager

Diventare manager non è una transizione semplice. Ci sono competenze che possono aiutare a incarnare il ruolo, ottenere risultati e migliorare il benessere del team nell’attuale contesto. Scopriamo insieme quali sono e perché sono così importanti.
In molte organizzazioni, i manager alla loro prima esperienza vengono considerati in prima linea nel processo di trasformazione. Da loro ci si aspetta che guidino i team, raggiungano risultati e rappresentino i valori aziendali, mentre al tempo stesso imparano a gestire persone per la prima volta.
Le competenze umane sono fondamentali per essere efficaci in questo ruolo. Nell’attuale scenario, caratterizzato da trasformazione e incertezza, sono proprio le soft skill ad aiutare le imprese a prosperare. Secondo la Survey First Time Manager*, sia i manager alle prime armi che i professionisti HR concordano pienamente su questo punto. Restano, però, diverse sfide.
Quali competenze, dunque, devono sviluppare i leader per affrontare la complessità di un mondo in continuo cambiamento?
1. Leadership e motivazione del team
Alla domanda su quale competenza vorrebbero sviluppare maggiormente per esercitare meglio il proprio ruolo, il 30% dei neo-manager – in Italia e a livello globale – indica al primo posto “leadership e motivazione dei team”.
Il modo in cui un leader sa motivare ha un impatto diretto sul successo o sul fallimento di un’organizzazione. Quando le persone sono motivate e hanno fiducia nei loro responsabili, le performance aumentano sensibilmente.
2. Competenze di comunicazione
La comunicazione è una competenza cruciale, soprattutto in contesti ibridi, dove le occasioni informali di confronto – come le chiacchiere alla macchinetta del caffè – sono più rare e il rischio di incomprensioni è più alto.
Una buona comunicazione riduce lo stress, facilita le relazioni e stimola l’azione.
Il 95% dei neo-manager dichiara di avere a disposizione gli strumenti necessari per comunicare con i propri team. Tuttavia, comunicare non significa soltanto trasmettere informazioni: vuol dire colmare distanze, prevenire tensioni e ispirare fiducia. Quando i leader esprimono chiaramente – e con convinzione – ciò che vogliono realizzare, generano allo stesso tempo fiducia e coinvolgimento.
I neo manager devono anche essere in grado di comunicare efficacemente con interlocutori esterni, con chiarezza ma anche con capacità di influenza e intelligenza emotiva.
La formazione dei neo manager, quindi, deve andare oltre i “messaggi” e lavorare sulla presenza, l’ascolto e la capacità di connettersi con team sempre più diversificati.
3. Empatia e intelligenza emotiva
Essere empatici non significa essere “troppo gentili”. Vuol dire avere l’intelligenza emotiva per riconoscere quando un team è in difficoltà e sapere intervenire in modo costruttivo.
È una competenza vitale oggi, in un contesto caratterizzato da rischi crescenti di burnout, fatica da cambiamento e differenze generazionali.
Un dato incoraggiante emerso dal Barometro è la visione “umana” che i neo-manager hanno del proprio ruolo: oltre alla performance e ai processi, molti considerano la coesione del team, il benessere e lo sviluppo delle persone come responsabilità fondamentali.
Resta però forte la tensione tra la pressione a generare risultati e la volontà di supportare i collaboratori.
Per questo l’intelligenza emotiva – che include la gestione dei conflitti, la comprensione delle dinamiche di gruppo e la capacità di rispondere con attenzione a ogni situazione – va insegnata e coltivata, non considerata innata.
Va anche ricordato che i neo-manager restano esseri umani, con le proprie vulnerabilità. Mostrare questa autenticità aumenta il rispetto da parte dei team: nessuno è perfetto. L’empatia, quindi, è fondamentale anche per aiutare i manager stessi a superare le sfide del leadership moderno.
4. Capacità decisionale
Il decision makingè una priorità globale per il 25% dei neo-manager e per il 30% dei professionisti HR. Ma in un mondo saturo di informazioni e incertezze, prendere decisioni rapide e corrette è più difficile che mai.
I bias cognitivi spesso distorcono le decisioni prese in fretta. I manager alle prime armi hanno bisogno di metodi strutturati e non solo dell’istinto. Devono imparare a rallentare quando serve, a mettere in discussione ipotesi errate e ad applicare il pensiero critico, specialmente nell’uso di strumenti e dati basati sull’intelligenza artificiale.
Man mano che i contesti e le tecnologie evolvono, anche la capacità decisionale deve adattarsi. Le organizzazioni che sviluppano consapevolezza, agilità e lucidità nei loro manager aumentano notevolmente le possibilità di successo.
5. Promozione del benessere del team
Il benessere deve essere al centro della strategia aziendale. Significa fissare aspettative realistiche e creare un clima di sicurezza psicologica, in cui anche l’errore è accettato.
Promuovere il benessere non riguarda solo l’equilibrio degli altri: parte dalla gestione di sé. I manager, in particolare i più giovani, devono dare l’esempio nel bilanciare vita lavorativa e vita privata, trasmettendo un atteggiamento sano all’interno del gruppo.
Eppure, molti dichiarano di avere difficoltà a gestire carichi di lavoro, scarsità di risorse e pressioni sugli obiettivi. Se non affrontati, questi fattori possono portare al burnout dei manager, al disimpegno e a un elevato turnover, con il rischio di minare il futuro bacino di leader aziendali.
L'essenza della leadership
È incoraggiante vedere i dirigenti junior e i professionisti delle risorse umane concentrarsi sulle competenze necessarie per orientarsi in un mondo incerto e creare team altamente performanti.
Con il giusto approccio, i manager alle prime armi possono guardare con fiducia a un futuro promettente, che andrà a vantaggio anche delle loro aziende.
*Per realizzare questo barometro, il Gruppo Cegos ha intervistato oltre 4.700 dirigenti junior e responsabili delle risorse umane in 10 paesi in Asia, America Latina ed Europa.
Per l'articolo originale di Cegos France, clicca qui.