Il coaching può essere una pratica professionale ma saper essere un buon coach è anche una competenza essenziale per ogni manager, tutt’altro che semplice da acquisire e mettere in pratica. Non bastano le buone intenzioni, servono precise azioni. Per questo i manager e professional che supportano gli altri nel ricoprire un nuovo ruolo, come anche i manager che vogliano utilizzare il coaching nella gestione dei propri collaboratori, devono consolidare alcune competenze specifiche.
È necessario seguire un lungo percorso formativo o raggiungere delle certificazioni? Non sempre. Ricordiamoci che la responsabilità principale rimane quella manageriale e che la funzione di coach sarà secondaria e, spesso, non continuativa. È però importante essere consapevoli che fare coaching richiede conoscenza di una serie di aspetti metodologici e l’abilità a gestire adeguatamente la relazione con il coachee, evitando fraintendimenti o distorsioni della normale relazione capo collaboratore.
Le componenti principali della competenza definibile come coaching manageriale sono:
- Conoscere i fondamenti metodologici del coaching
- Cogliere la differenza tra gestire, dare feedback e fare coaching
- Essere in grado di predisporre un progetto di coaching
- Gestire adeguatamente la comunicazione, ponendo le giuste domande nel momento adeguato
- Conoscere ed applicare uno strumento operativo come il metodo GROW
Cos’è il coaching? Alcuni fondamenti
L’International Coach Federation (una delle più grandi associazioni mondiale di coach professionisti, con migliaia di aderenti in 138 paesi) definisce il coaching come una partnership con i clienti che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale.
L'Associazione Coaching Italia, invece, definisce il coaching una metodologia che si basa su una relazione di partnership paritaria (tra il Coach e il suo Cliente) che, attraverso un rapporto commerciale (di espressa natura contrattuale), mira a riconoscere, sviluppare e valorizzare le strategie, le procedure e le azioni utili al raggiungimento di obiettivi operativi collocati nel futuro del cliente.
Potremmo fare riferimento anche ad alcune descrizioni più evocative, ad esempio:
Alcuni riferimenti pratici
- Un buon coach aiuterà la persona a cui sta facendo coaching, tipicamente chiamato coachee, a chiarire i suoi obiettivi, comprendere la situazione attuale più pienamente e aiutarla a capire come raggiungere i suoi obiettivi nel modo migliore e come superare gli ostacoli che si potrebbero incontrare.
- Si tratta di una conversazione one-to-one che porta un individuo da dove è ora a un fine, un obiettivo o una posizione che vuole raggiungere.
- Coaching è essenzialmente l’aiutare una persona a definire e percorre un percorso di cambiamento che lo condurrà da una posizione di partenza ad una posizione di arrivo.
- Deve trattarsi di una relazione esplicita e negoziale: il coachee deve poter accettare o rifiutare il supporto e deve essere chiaro per quanto tempo questa forma di relazione durerà.
- Il coaching è più comunemente intrapreso su base one-to-one. Gli incontri possono essere sia formali o informali come parte delle normali interazioni giornaliere. Potete avere una conversazione di coaching con chiunque, sia esso un riporto diretto, un collega o un manager di linea.
- Da tempo molti parlano anche di team coaching, inteso come la conduzione di un gruppo di apprendimento secondo l’approccio non direttivo. Si tratta di una prassi che richiede competenze aggiuntive (quelle legate alla dinamica di gruppo) rispetta alla conduzione dei colloqui. Se desideri acquisire le competenze necessarie per il team coaching, consulta questo link.
Una osservazione conclusiva: il manager che voglia aiutare i propri collaboratori attraverso il “coaching style” deve comunque rimanere consapevole del proprio ruolo primario, pena la creazione di una dinamica interpersonale poco generativa.
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