Fine anno senza caos: come gestire team e attività con inclusività ed efficacia

Fine anno senza caos: come gestire team e attività con inclusività ed efficacia

4 dicembre 2025
Vista dall'alto di un meeting di team con manager

Orchestrare la socialità inclusiva tra ferie, distanze e culture diverse

Il periodo di fine anno porta con sé un paradosso manageriale: mentre le organizzazioni hanno spesso la necessità di concludere progetti e attività prima della chiusura annuale, la realtà è fatta di assenze scaglionate, riunioni dimezzate e quella sottile tensione tra chi parte e chi resta. Aggiungete configurazioni ibride, full remote e gruppi multiculturali, e il quadro si complica ulteriormente, soprattutto per le realtà che non prevedono chiusure aziendali.

La geografia variabile del team

Quando il vostro team è distribuito tra diverse città, paesi e modalità di lavoro, la gestione delle ferie diventa un esercizio di equilibrismo. Già un decennio fa, la ricerca di Bloom et al. (2015) su oltre 16.000 lavoratori dimostrava che i team ibridi mantengono produttività comparabile a quelli in presenza, ma richiedono una "architettura intenzionale" delle interazioni. In altre parole: non succede da sola.

Il primo errore? Presumere che tutti vivano il periodo di fine anno allo stesso modo.

Alcune persone attendono questo periodo con gioia anticipata: per loro rappresenta un momento di celebrazioni religiose profondamente significative, occasione di riunione familiare, o semplicemente un tempo desiderato di riposo. Altri lo vivono con sentimenti più complessi: può essere un periodo di solitudine accentuata per chi non ha legami familiari stretti o li ha persi, un momento di fatica economica legata alle aspettative di consumo, o di disagio per chi non si riconosce nelle narrazioni culturali dominanti. Per alcuni è un periodo neutro, un semplice passaggio calendaristico senza particolare carica emotiva. Altri ancora vivono tradizioni e festività che non coincidono con quelle maggioritarie, celebrando in momenti diversi dell'anno secondo i propri calendari culturali o religiosi.

La vera inclusività manageriale non sta nel celebrare tutto indistintamente o nell'ignorare queste differenze, ma nel riconoscere esplicitamente che il calendario emotivo e culturale di ciascuno è profondamente diverso, e che questo impatta legittimamente sulla disponibilità, l'energia e le priorità lavorative.

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CSR, ESG e gestione inclusiva: un nesso concreto

Questo non è solo un tema di buone pratiche manageriali, ma si inserisce direttamente nelle dimensioni Social e Governance dei framework ESG. La gestione rispettosa delle diversità culturali, religiose e personali nel periodo di fine anno è un indicatore concreto di come l'organizzazione traduce in pratica i propri impegni di inclusività e responsabilità sociale d'impresa.

Le aziende che presidiano seriamente la dimensione S (Social) degli ESG sanno che l'inclusività non si misura solo in dichiarazioni di principio, ma nella capacità quotidiana di riconoscere e rispettare le differenze. La gestione del periodo di fine anno diventa quindi un test pratico di quanto l'organizzazione sappia essere autenticamente inclusiva: nel rispettare tempi e significati diversi, nell'evitare pressioni implicite verso chi non celebra determinate festività, nel garantire equità nell'accesso alle ferie indipendentemente dal proprio background.

Il carico invisibile di chi resta

C'è un fenomeno poco discusso nella gestione delle persone nei luoghi di lavoro: lo squilibrio percepito tra chi è in ferie e chi continua a produrre. Mentre parte del team è assente, chi resta spesso lavora con efficienza ridotta, gestendo carichi sproporzionati o semplicemente navigando nella demotivazione di spazi di lavoro semi vuoti. La meta-analisi di Kinman e Grant (2011) evidenziava come la percezione di iniquità nella distribuzione del lavoro sia uno dei predittori più forti di burnout manageriale.

La soluzione non è limitare l'accesso alle ferie, ciascuno ha diritto al proprio tempo di riposo. Ma serve una progettazione esplicita e trasparente del carico di lavoro:

  • Trasparenza sui carichi: rendete visibile chi copre cosa, quando. Un documento interno al team, condiviso, semplice, dove si vede la mappatura delle responsabilità temporanee
  • Riconoscimento differito: chi lavora sotto pressione a dicembre merita riconoscimento concreto a gennaio, non solo un ringraziamento di circostanza
  • Riduzione strategica: non tutte le attività devono necessariamente concludersi entro fine anno. Quali possono realisticamente slittare a gennaio senza impatti significativi?

È importante anche riconoscere che non tutti scelgono liberamente quando prendere ferie. Alcune persone celebrano festività in periodi diversi e potrebbero preferire lavorare a dicembre per avere disponibilità in altri momenti dell'anno. Altri potrebbero sentirsi sotto pressione implicita a prendere ferie "come tutti" anche se preferirebbero diversamente. Create spazi di dialogo esplicito su queste preferenze individuali.

La socialità ibrida: trovare formati autenticamente inclusivi

Le celebrazioni aziendali di fine anno richiedono attenzione particolare e un ripensamento profondo nella gestione dei team distribuiti.

Partiamo da un dato: si tratta di momenti di socialità legati alla cura delle relazioni e non momenti di indirizzo strategico delle attività. Questa seconda tipologia viene normalmente posizionata a inizio anno, pur essendo potenzialmente anche un momento di socialità, ha un focus centrato sul futuro, sugli obiettivi aziendali e sulle azioni correlate.

Negli eventi di fine anno si presentano due questioni specifiche.

Prima questione: la modalità di lavoro. Un evento in presenza esclude chi lavora da remoto o vive lontano, magari in sede secondarie. Una videochiamata celebrativa può risultare artificiosa e poco coinvolgente per team ibridi. D’altro canto deve essere anche evitato il rischio inverso: eccesso di risorse assegnate per trasferire numeri elevati di persone da sedi secondarie a sedi centrali.

Seconda questione, ancor più delicata: non tutte le persone vivono questo periodo come momento di celebrazione. Per chi ha vissuto lutti recenti, il periodo può amplificare il dolore. Per chi vive solitudine o isolamento sociale, può accentuare il senso di esclusione. Per chi ha difficoltà economiche, il focus su consumo e regali può generare disagio. Per chi proviene da background culturali o religiosi diversi, partecipare a celebrazioni che non sente proprie può creare imbarazzo o senso di alienazione. Per chi semplicemente preferisce una maggiore sobrietà, l'enfasi celebrativa può risultare eccessiva. Alcune organizzazioni stanno sperimentando formati più flessibili e rispettosi nella gestione della socialità aziendale: un budget individuale che ciascuno può utilizzare come preferisce per un pranzo con colleghi, per un'esperienza personale, per una donazione a una causa significativa, o semplicemente non utilizzare se non si desidera. Molti optano per eventi brevi, ibridi, chiaramente posizionati come "facoltativi", fuori dall’orario di lavoro standard. La parte sociale è intenzionalmente limitata (60 minuti) ma ben progettata, lasciando a ciascuno piena libertà di partecipare secondo le proprie preferenze, disponibilità e comfort personale

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La letteratura sulla coesione nei team virtuali (Gilson et al., 2015) suggeriva già dieci anni fa che la qualità dell'interazione conta più della quantità: meglio un'ora di connessione autentica che tre ore di partecipazione obbligata o vissuta come tale.

Fondamentale per il benessere organizzativo: comunicate esplicitamente che la non partecipazione a eventi sociali di fine anno non ha alcun impatto sulla valutazione professionale. E sostanziate questa affermazione con comportamenti coerenti nel performance management.

Multiculturalità: oltre le apparenze

Gestire un team multiculturale a fine anno significa fare i conti con aspettative implicite profondamente diverse nella cultura organizzativa.

In alcune culture, dicembre è tradizionalmente un mese di rallentamento naturale dell'attività lavorativa. In altre, è tempo di sprint finale verso obiettivi annuali, con aspettative di massima produttività. Alcuni collaboratori si aspettano flessibilità automatica in questo periodo, altri si sentirebbero a disagio a chiederla temendo di essere percepiti come meno impegnati.

Alcune persone vivono il periodo come momento spirituale profondamente significativo, che richiede tempo e spazio mentale per pratiche religiose o contemplative. Altri lo vivono come momento di intensa socialità familiare, con aspettative culturali forti sulla loro presenza fisica. Altri ancora lo sperimentano come semplice passaggio calendaristico, senza particolare investimento emotivo. E ci sono persone per cui questo è un periodo difficile, da attraversare più che da celebrare.

Il vostro compito nella leadership inclusiva non è diventare esperti di ogni tradizione culturale o situazione personale, ma creare spazi dove queste differenze possano emergere senza imbarazzo, timore di giudizio o penalizzazione.

Se siete da poco inseriti come responsabili di un team, una conversazione di 15, 20 minuti a inizio dicembre con domande semplici e aperte può essere preziosa per la gestione delle persone:

  • "Come vivete questo periodo dell'anno?"
  • "Ci sono aspetti del vostro background culturale, religioso o personale che è utile io conosca per gestire meglio questo mese?"
  • "Cosa vi servirebbe per attraversare questo periodo nel modo migliore per voi?"

Importante per la cultura aziendale inclusiva: non date per scontato che chi non celebra determinate ricorrenze sia meno coinvolto emotivamente nel periodo, potrebbe esserlo in modi diversi. Non presumete che chi le celebra lo faccia necessariamente in modo tradizionale o secondo stereotipi culturali. E non considerate "neutro" o "standard" il vostro modo di vivere il periodo, anche quello è una prospettiva culturalmente situata.

In pratica: azioni concrete per manager

Tre azioni concrete di people management per i prossimi giorni:

  1. Mappate le assenze e ascoltate le preferenze: non limitate l'analisi alla copertura operativa. Create spazio per capire chi preferisce lavorare in questo periodo (magari per avere ferie in altri momenti) e chi ha necessità specifiche legate al proprio calendario personale o culturale.
  2. Esplicitate le priorità senza presunzioni: comunicate chiaramente cosa necessita di essere concluso entro fine anno e cosa può attendere, spiegando i motivi organizzativi reali. Evitate di dare per scontato che "tutti vogliano chiudere prima delle feste", non tutti hanno "feste" in programma.
  3. Create un check-in di gennaio: non per fare bilanci formali, ma per riconoscere chi ha sostenuto il carico operativo, per "chiudere" emotivamente il periodo, e per verificare che eventuali accordi presi su ferie posticipate, carichi compensati vengano effettivamente rispettati.

La gestione del team a fine anno non richiede soluzioni straordinarie nel people management, ma quella combinazione di pragmatismo e sensibilità che distingue chi guida da chi semplicemente coordina. E forse, proprio in questo periodo frammentato, emerge con più evidenza quanto il vostro ruolo di leadership non sia solo task management, ma autentica cura organizzativa, quella cura che riconosce e rispetta la complessità umana di ciascuno, senza eccezioni.

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Scritto da

Alessandro Reati 

Psicologo del lavoro e consulente direzionale certificato CMC-ICMCI, da oltre 25 anni si occupa di consulenza, formazione e coaching, guidando programmi di cambiamento e sviluppo organizzativo presso aziende nazionali e multinazionali, associazioni e istituzioni. Il focus dei suoi interventi è sulla valorizzazione delle risorse umane e della community professionale. Privilegia metodi di intervento partecipativi e basati sul coinvolgimento attivo. A lungo professore a contratto presso diverse università, è autore di numerosi articoli pubblicati su riviste scientifico-professionali e blog divulgativi e coautore di una decina di volumi. Scopri di più
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