Le nuove generazioni esigono dai propri manager una maggiore attenzione al loro work life balance. Vogliono equilibrio, non sono più disposti a lavorare fino alle 10 di sera in prospettiva di una carriera che – forse – non è ai loro occhi così interessante.
Questa piccola “rivoluzione culturale” sta infiammando le organizzazioni, che si vedono inadatte a trattenere questi nuovi talenti, così mutevoli, così dediti alla fuga, così allergici alla retention.
Come spesso accade, questo cambiamento porta a iniziali difficoltà, ma può anche portare a considerevoli vantaggi.
1) Sveliamo l'equivoco
Il primo è lo svelamento di un equivoco che ci portiamo dietro – almeno in Italia – dagli anni ’90. Non è vero che lavorare di più significa lavorare meglio. Quello che dovrebbe guidare un manager è la cultura della produttività, non la cultura dell’urgenza.
Quali sono i messaggi che date al vostro team? Quanto spesso parlate di importanza, di raggiungimento degli obiettivi? Quanto spesso, d’altro canto, controllate l’orologio quando un collaboratore sta lasciando l’ufficio verso le sei? Se il focus è sul risultato, non ha senso alcuno controllare le azioni.
2) Sveliamo il potenziale
Il secondo è lo “svelamento” di un potenziale che a lungo è rimasto inespresso. Spesso nelle organizzazioni, ancora oggi, chi esprime esigenza di equilibrio tra il lavoro e le altre innumerevoli attività che un essere umano porta avanti nella sua vita, viene messo da parte in termini di carriera. Una sorta di “peccato originale” imperdonabile, che esclude in automatico dal club che conta.
Quante persone ricche di talento inespresso ci sono nelle organizzazioni, parcheggiate a svolgere un lavoro che le dequalifica e che non le fa produrre il valore che potrebbero, solo perché in passato hanno optato per la “vita privata”!
Come manager, è importante mettere ogni persona del vostro team in condizione di performare al meglio, indipendentemente dall’età anagrafica, consentendo a tutti il raggiungimento di un contributo di valore.
3) Energy management
Il terzo è l’inserimento nell’agenda del manager e dell’organizzazione di un principio di “energy management”. L’energia vitale che ciascun collaboratore porta è essenziale per l’innovazione, per la risoluzione dei problemi alla radice, per vedere oltre l’esistente.
Un team al limite del burn out ascolterà poco, sarà poco incline alla collaborazione, non coglierà segnali deboli, sarà pronto a farsi travolgere dal fragore della concorrenza.
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