Alex S. è CEO da 3 anni nell’azienda in cui lavora da 8. Ha raggiunto risultati eccellenti in quella realtà e prima ancora nelle precedenti. Vuole e deve raggiungere risultati importanti e sa bene che non può farlo da solo. Ecco perché negli ultimi anni ha costruito il suo team in maniera molto attenta, cercando complementarietà di competenze, ricchezza e varietà di esperienza.
Questo per quanto riguarda il team dei collaboratori più stretti, mentre per quanto concerne l’azienda nella sua interezza, ha cercato di creare un ambiente in cui non sia isolato e le persone siano proattive e ingaggiate.
Alex ha agito bene, ha saputo evitare di isolarsi a livello di top management e ad ogni altro livello.
Ma quanti sono i casi in cui il BOSS è solo? Il titolo del libro di Sergio Marchionne d’altronde è piuttosto eloquente “chi comanda è solo”.
Come dire: “puoi cercare di evitare di isolarti ma non ci riuscirai mai del tutto”. Personalmente ritengo che l’isolamento, sebbene almeno in parte inevitabile, debba essere gestito, evitato fin dove possibile, e trattato con consapevolezza.
In una mia precedente esperienza lavorativa, ricordo la battuta del CEO “ero convinto che i nostri uffici fossero delle serre, per quanti fiori e piante trovavo ogni volta che ne visitavo uno”, le persone si preparavano al suo arrivo. Anch’io, middle manager all’epoca, ero abituato ad incontrare i miei collaboratori nei rispettivi uffici, finché un giorno presentandomi senza preavviso ho trovato un ambiente completamente diverso da quello che conoscevo.
Collaboratori non all’altezza, o che non sono stati indirizzati adeguatamente, possono essere spinti a comportarsi da “yesman”, le relazioni sociali che ne derivano sono senza dubbio più “schermate”. Da tutto ciò può nascere una visione distorta dell’azienda da parte del management. Visione sempre più avvalorata da dati preconfezionati e inseriti in presentazioni PowerPoint molto ben truccate, non certo al punto da essere “false”, quanto piuttosto sbilanciate nel creare una versione edulcorata a del reale, strutturate per condizionare positivamente l’umore del capo.
Un leader deve esercitare la propria leadership ed essere in grado di decidere
Essere isolato inconsapevolmente è inaccettabile e decisamente rischioso, mentre utilizzare consapevolmente l’isolamento può essere una strategia perseguibile, che necessita tuttavia di un’integrazione correttiva per evitare una distorsione nell’analisi del contesto aziendale e di mercato.
In definitiva tentare di evitare l’isolamento, consapevoli che non sarà mai completamente realizzabile, è forse la migliore delle scelte. Come fare? In azienda la scelta e la gestione dei propri riporti è cruciale. Un buon mix di competenze e attitudine porterà sicuramente ad un sano confronto solo se le risorse si sentiranno libere o addirittura invogliate ad esprimere anche il proprio eventuale dissenso (speak-up, dice un Direttore HR illuminato di mia conoscenza…).
Contatti programmati e più o meno frequenti con il resto dell’azienda, politica della “porta aperta”, gruppi di lavoro misti, possono davvero aiutare ad avere il polso della situazione.
Per quanto riguarda il mercato, il contatto diretto con il cliente è fondamentale, non deve mai mancare e non solo con i top clients o top prospects, per scongiurare il rischio di pensare che esso sia composto solo da quelle realtà splendide a cui normalmente un CEO viene esposto. Il contatto con il cliente, per una figura apicale dell’azienda, non deve essere finalizzato esclusivamente alla vendita o alla fidelizzazione, quanto piuttosto alla lettura e alla comprensionedel mercato. Ben vengano quindi appuntamenti con clienti di ogni taglia, dimensione o settore, purché siano incontri “veri”.
In chiave formativa due possono essere gli interventi rilevanti; uno rivolto al capo stesso, in questo caso più un supporto in chiave di coaching che lo induca a sentirsi affiancato, supportato, e in aperto confronto innanzitutto con se stesso. Un capo che si chieda “io sono un capo isolato dal resto dell’azienda?”, “quali azioni posso compiere per uscire da questo isolamento?” oppure “come posso indurre le mie persone ad essere aperte e sincere nei miei confronti per l’interesse dell’azienda?”.
Interventi formativi, poi, sui primiriporti o sull’intera organizzazione possono essere dedicati alla creazione di quell’autostima necessaria a fare speak-up, all’acquisizione delle modalità comunicative con cui farlo, e alla gestione delle relazioni interpersonali. Alcuni spunti di maggior dettaglio possono riguardare ad esempio la gestione delle cosiddette “crucial conversations”, oppure la cosiddetta “gestione del conflitto”.
Vorrei concludere con l’apertura di una velocissima fase di riflessione e auto-valutazione, proponendo alcune semplici domande rivolte a chi ricoprisse la carica di numero 1 in una specifica organizzazione:
- Quanto ritieni sia salutare il confronto e la comunicazione aperta all’interno di un’organizzazione?
- Quanto hai cercato di evitare l’isolamento quale rischio potenziale, dato dal ruolo che rivesti nella tua organizzazione?
- Pensi potrebbe esserti utile il supporto di un coach per affrontare temi legati alla gestione della tua posizione in azienda?
- Quanto ritieni che i tuoi più stretti collaboratori si sentano liberi di esprimersi, finanche a manifestarsi dissenzienti rispetto ad alcune tue decisioni?