Donne e uomini al lavoro: usciamo dagli stereotipi

Eleonora MauriSenior Trainer, Coach, Consultant
intelligenza artificiale generativa


Negli ultimi anni sono aumentate le richieste in azienda per percorsi sulla diversity e per il gender balance. Sono entrambi temi che suscitano alle volte discussioni e scambi di opinione forti, perché toccano non solo dinamiche aziendali, ma anche prese di posizione personali.

Ripulendo questo ambito da ogni scontro ideologico, possiamo comunque portarci a casa qualche suggerimento pratico per gestire al meglio queste dinamiche, anche perché tutti noi le viviamo sulla nostra pelle ogni giorno.

Partiamo da due principi di base.

  • Uomini e donne sono diversi da un punto di vista neurologico.

(tratto da La Stampa - intervista al neurologo Prof. Antonio Federico) «Sono evidenti differenze sull’impiego delle aree del cervello – spiega Federico – le donne utilizzano in maniera dominante il lobo frontale, area legata ai processi decisionali, molto connessa alle cosiddette aree “limbiche”, sede dell’emotività. L’uomo invece è tendenzialmente portato a coinvolgere, nel processo di ragionamento, una zona più vasta di corteccia.

Il processo decisionale delle donne è quindi influenzato dall’area emozionale in misura maggiore rispetto a quello degli uomini: l’uomo tende ad elaborare la realtà basandosi soprattutto sull’emisfero sinistrorazionale logico, al contrario la donna utilizza in misura maggiore l’emisfero destro che permette di compiere operazioni più mentali insieme.

Il celebre “intuito” femminile si basa quindi proprio sulla possibilità del cervello di elaborare la realtà in modi diversi paralleli».

  • A livello sociale gli equilibri sono cambiati enormemente negli ultimi decenni.

Siamo passati in pochissimo tempo da una società con uomini al lavoro e donne a casa a un contesto dove lavorano entrambi. Può sembrare una banalità, ma questo ha cambiato tutto, e ancora non abbiamo trovato un equilibrio nel gestire e accettare questi cambiamenti.

Da una parte le donne che troppo spesso si trovano ancora a dover combattere per legittimare la loro carriera, e dall’altra gli uomini che si sono trovati “invasi” in un territorio che storicamente era di loro competenza e che sono rimasti spiazzati nel gestire questi nuovi equilibri.

Quindi, dopo queste riflessioni di base che hanno portato problematiche a cui ancora non c’è risposta completa e definitiva, vediamo alcuni suggerimenti pratici per il luogo di lavoro.

Valutiamo e gestiamo con equilibrio

Creiamo un sistema meritocratico con KPI qualitativi,quantitativi temporali. Il sistema di valutazione interno deve essere bilanciato e oggettivo per evitare che ci sia la percezione di disparità o che ci si faccia influenzare da bias personali o stereotipi (seppur involontari o in buona fede).

Inoltre valutiamo se, in uno specifico contesto, la leadership deve assumere diverse declinazioni: può capitare che con alcune donne serva usare una leva di sensibilità e rassicurazione maggiore, mentre con alcuni uomini una leva che bilanci sfida concretezza (la giusta misura per risultati efficaci).

Attenzione alla competizione: talvolta può crearsi un circolo vizioso che rischia di inficiare non solo i nostri risultati, ma anche il benessere psicofisico.

Cerchiamo il più possibile di trovare un dialogo aperto e di incentivare il lavoro di squadra e lo scambio di competenze.

Impariamo anche a farci avanti con equilibrio, sicurezza in se stessi, empatia coraggio. Se abbiamo un obiettivo, andiamo a conquistarlo.

Basta stereotipi e recriminazioni

Usciamo dagli stereotipi,dalle accuse e dalle recriminazioni. Purtroppo, ci scivoliamo innumerevolivolte, senza neanche rendercene conto.

La ragazza carina incasellatacome gatta morta o il 50enne brizzolato come stereotipo di professionalità eaffidabilità: ci siamo cascati tutti.

Giudichiamo valutiamo continuamente nella nostra testa, magari anche basandoci su superficiali prime impressioni, o senza conoscere davvero la persona.

Evitiamo di accusarci reciprocamente per le nostre differenze e impariamo a valorizzarle. Parliamoci apertamente invece di covare rancori o escogitare futili piccole vendette.

Guardiamo alle persone per ciò che sono davvero invece che rimanere aggrappati a schemi mentali inculcati o vetusti.

Passiamo al lavoro la maggior parte delle ore da svegli, stiamo con i nostri colleghi e capi più tempo di quanto stiamo con i nostri cari: rendiamo queste innumerevoli ore un tempo di qualità.

E questo deve essere impegno di tutti: non è “colpa dell’azienda”, l’azienda è fatta da tanti singoli. E se tutti i singoli cambiano approccio, l’azienda cambia.

Le persone hanno bisogno di lavorare vivere in un ambiente sereno e coeso e per fare questo servono tolleranzaflessibilitàcomprensioneapertura.

Cose non facili da fare, cose che richiedono la capacità di mettersi sempre in discussione e migliorarsi continuamente. Ma è una sfida che possiamo affrontare, una sfida che rappresenta una palestra di sviluppo personale potentissima.

E migliorarsi non solo fa bene al gruppo, ma è anche la conquista più grande che un essere umano possa fare con sé stesso.

Valorizziamo ledifferenze

Quindi siamo diversi, inutile negarlo. Come approccio e come aree di forza. Ma queste differenze non vanno né negate né combattute.

Vanno comprese a pieno, accettate (non sono difetti ma semplicemente dati di fatto, natura dell’essere umano), gestite efficacemente. Si tratta di un grande valore aggiunto che porta all’azienda.

Ma non sempre questo processo nasce spontaneo e scorre liscio, spesse volte c’è bisogno di un coach o di un consulente che avvicini questi due mondi, li guidi nel dialogare e nello scoprire i punti di forza, che mostri ai vertici l’incredibile valore e leva di performance che racchiudono.

Quindi un plauso alle aziende che già si sono pioneristicamente mosse in tal senso e un augurio affinché anche quelle che ancora non l’hanno fatto, ma ne sentono il bisogno, inizino al più presto.


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Scritto da

Eleonora Mauri

Laureata in Scienze della Comunicazione a Milano, ha lavorato per 10 anni nel mondo del Marketing e della Comunicazione in importanti aziende internazionali. Fino al 2019 ha collaborato con Cegos come formatrice. Ha conseguito la certificazione di Master Practitioner presso la Society of Neuro-Linguistic Programming del Dr. Richar Bandler, diventando Coach negli ambiti Life, Business e Sport. Dal 2009 ha gestito l’Academy interna di una multinazionale tedesca e dal 2014 è formatrice sulle tematiche comportamentali e manageriali su progetti nazionali e internazionali. I suoi temi chiave sono comunicazione, negoziazione, vendita, gestione del cliente, change management, gestione del tempo e dello stress, problem solving, leadership, team working, public speaking, talent development. È docente universitario, autrice dell’ebook “La gestione del tempo per la donna impegnata” e conduttrice del programma televisivo Punto 13 Talk Coaching.
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