Management? Evita alcuni miti pericolosi, per te e, soprattutto, per gli altri…

Management? Evita alcuni miti pericolosi, per te e, soprattutto, per gli altri…

Alessandro Reati Practice Business Leader


Henry Mintzberg, con il suo classico sarcasmo accademico e la sua sfida irriverente ai dogmi del management, ci ha regalato nel 2013, in collaborazione con Bruce Ahlstrand e Joseph Lampel, una piccola perla con Management? It’s Not What You Think!. Per chi non lo conoscesse (e se non lo conoscete, avete vissuto sotto una roccia o avete studiato troppo su libri di testo tradizionali), Mintzberg è uno dei pensatori più critici e innovativi nel mondo del management. Noto soprattutto per le sue teorie sugli anni ‘70, dove disse al mondo che un manager non è esattamente un supereroe con una cravatta e una valigetta, ma una creatura un po’ più complessa. E forse un po' meno eroica.

Con Management? It’s Not What You Think!, Mintzberg ha deciso di smontare alcuni dei più radicati miti che ancora infestano le sale dei consigli d’amministrazione, i corsi MBA e probabilmente anche le chiacchiere tra dirigenti che si sentono illuminati perché hanno letto un bestseller aziendale durante il volo di ritorno da una conferenza di settore. Il tutto condito con un’ironia tagliente, che riesce a farti sorridere mentre smonta con eleganza (o forse brutalità) ogni illusione che avevi sulla “nobile arte” del management.

Il mito del manager universale

Se c’è un mito che resiste al passare del tempo, è proprio quello del manager universale. La credenza che un buon manager possa essere efficace in qualsiasi contesto è tanto radicata quanto ridicola, sostiene Mintzberg. È come pensare che uno chef stellato possa essere altrettanto bravo nel cambiare l’olio di una macchina o pilotare un aereo. Spoiler: non lo è.

Mintzberg ci ricorda che ogni organizzazione è un mondo a sé, con le sue complessità, le sue culture e le sue sfide specifiche. Pensare che un manager possa saltare da un settore all’altro con la stessa facilità con cui cambia cravatta è una favola bella, ma pericolosa. Non è questione di portare abilità di leadership da una parte all’altra come fossero giocattoli intercambiabili, ma di comprendere profondamente il contesto in cui si opera. Il che richiede qualcosa di più che di aver già gestito con successo una organizzazione (perché il generico trasferimento di una pratica da un contesto all’altro potrebbe essere semplicemente fallimentare).

Il mito del management come scienza esatta

Ah, la scienza! Che meraviglia sarebbe se il management fosse davvero una scienza esatta. Se solo bastasse seguire formule, grafici e modelli preconfezionati per risolvere qualsiasi problema organizzativo. Ma, sfortunatamente, dice Mintzberg, il management è tutt'altro che una disciplina scientifica ben definita. È più simile a un mix di arte, intuizione e, spesso, una buona dose di fortuna.

Mintzberg attacca l'idea che il management possa essere appreso e praticato come se fosse fisica quantistica. Molti manager, o aspiranti tali, si rifugiano dietro numeri, dati e modelli per nascondere il fatto che, in realtà, non sanno davvero come gestire le persone. Eppure, sostiene Mintzberg, il vero management è una questione di persone, non di numeri. Si tratta di lavorare con, per e intorno agli esseri umani, che sono imprevedibili, emotivi e talvolta incoerenti. Nessun modello matematico può insegnarti a gestire quella dose di caos che ogni manager deve affrontare quotidianamente. Attenzione: non funziona pensare che basti posizionarsi nella parte alta dell’organizzazione e delegare la gestione delle relazioni con le persone ad altri capi intermedi. E questo perché, non stupitevi…, anche i capi intermedi sono persone.

Il mito del leader carismatico

Chi non ama la storia del leader carismatico? Quella figura eroica che arriva in azienda, salva la baracca, fa crescere il fatturato e poi cavalca via verso il tramonto. Mintzberg si diverte a smontare anche questo mito. L’idea che il successo di un’organizzazione dipenda unicamente dall’aura di un singolo leader è, nella migliore delle ipotesi, un’esagerazione e, nella peggiore, una trappola mortale per le organizzazioni.

Secondo Mintzberg, il leader carismatico spesso non è altro che un manager con un buon ufficio marketing. La vera leadership, sostiene, è distribuita. È un processo che coinvolge non solo il capo, ma anche i suoi collaboratori, e persino la cultura dell’organizzazione stessa. Un leader da solo non può fare miracoli, e chiunque pensi di poterlo fare finirà per lasciare l'azienda in una situazione peggiore di quella in cui l’ha trovata.

Il mito della pianificazione strategica

Ogni MBA e ogni consulente direzionale che si rispetti vi parlerà dell’importanza della pianificazione strategica. Eppure, secondo Mintzberg, questo approccio, per quanto popolare, è in gran parte un mito. La realtà, ci ricorda, è che le strategie migliori spesso emergono nel corso del tempo, attraverso l’esperienza e l’adattamento, non grazie a un piano elaborato da qualche genio solitario in una sala conferenze.

Il mondo cambia troppo velocemente per affidarsi a strategie scolpite nella pietra. Le aziende che prosperano sono quelle capaci di adattarsi, non quelle che seguono religiosamente un piano strategico elaborato cinque anni prima. Mintzberg ci invita a essere più flessibili e a riconoscere che, a volte, la strategia migliore è quella che si scopre strada facendo.

Il mito della separazione tra gestione e operatività

E poi c’è il mito che fa più danni di tutti: la convinzione che il management sia un'attività distinta e separata dalle operazioni quotidiane. Il manager, in questa visione, si siede concentrato davanti allo schermo del proprio pc, pensa ai grandi piani e lascia che i dettagli siano gestiti dai subordinati. È come pensare che un capitano possa condurre una nave senza mai essere sul ponte.

Mintzberg è chiaro su questo punto: un manager deve sentirsi coinvolto anche nelle operazioni quotidiane, deve conoscere i dettagli e capire cosa succede davvero nell’organizzazione. Altrimenti, il rischio è quello di prendere decisioni basate su illusioni e non su fatti concreti. In altre parole, un manager che non conosce le operazioni è come un pilota che non sa leggere la strumentazione di bordo. Potete immaginare come andrà a finire: come spesso capita ci saranno aziende che non raggiungere gli obiettivi attesi e che passeranno momenti difficili…

Questi miti sono ancora tra noi?

A distanza di oltre un decennio, uno potrebbe pensare che le sagge parole di Mintzberg abbiano fatto piazza pulita di questi miti. Ma, ironicamente, questi miti sono ancora ben radicati. Ogni anno migliaia di studenti MBA escono dalle università convinti di poter gestire qualsiasi organizzazione grazie a modelli di business imparati in aula. E non è colpa loro, è il sistema che li plasma così. Ma è un sistema che continua a perpetuare credenze dannose.

I pericoli di questi miti sono reali. Continuare a credere nel manager universale, nel leader carismatico o nella pianificazione strategica perfetta significa esporsi a una serie di fallimenti organizzativi. Le aziende che abbracciano questi miti rischiano di diventare troppo rigide, troppo distaccate dalle realtà operative e troppo dipendenti da figure di leadership sovraesposte.

E quindi…?

Mintzberg ci ha avvertiti già nel 2013, ma il management continua a essere intrappolato in queste illusioni. Management? It’s Not What You Think! rimane un’opera fondamentale perché, con ironia e intelligenza, ci ricorda che il management non è fatto di formule magiche, ma di persone, intuizioni e una buona dose di realismo. Prova a domandarti di quali miti tu e le persone intorno a te siete stati preda. Ripensa alle tue attitudini e a cosa ti fa stare bene e mettere gli altri in condizione di altrettanto benessere. E prova a immaginare un futuro diverso.

Scritto da

Alessandro Reati 

Psicologo del lavoro e consulente direzionale certificato CMC-ICMCI, da oltre 25 anni si occupa di consulenza, formazione e coaching, guidando programmi di cambiamento e sviluppo organizzativo presso aziende nazionali e multinazionali, associazioni e istituzioni. Il focus dei suoi interventi è sulla valorizzazione delle risorse umane e della community professionale. Privilegia metodi di intervento partecipativi e basati sul coinvolgimento attivo. A lungo professore a contratto presso diverse università, è autore di numerosi articoli pubblicati su riviste scientifico-professionali e blog divulgativi e coautore di una decina di volumi.
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