La maggior parte dei grandi cambiamenti aziendali è auspicata dagli executive ma concretizzata dalla base organizzativa. Questo significa che il cambiamento diviene reale solo quando viene compreso, apprezzato e promosso dalla maggior parte delle persone in azienda.
Ci sono vari approcci tradizionali nella gestione del cambiamento. Alcuni rimuovono la parte della soggettività degli individui e si focalizzano sulla creazione di sistemi vincolanti di processi e procedure. Altri riconoscono la rilevanza del comportamento dei singoli ma cercando di orientarlo soprattutto tramite l’aumento di una direttività manageriale orientata alla creazione di pressione.
Osservando le prassi degli ultimi cinquant’anni si notano chiaramente quattro macroapprocci
- Make it clear. Più i dipendenti hanno informazioni chiare, più comprenderanno i benefici aziendali e riorienteranno i propri comportamenti.
- Make it easy. Ridurre la complessità, semplificare e tranquillizzare aiuta a ridurre le resistenze
- Make it popular. Molti cambiano quando si accorgono che gli altri intorno a loro hanno iniziato a cambiare
- Make it mandatory. Il cambiamento non è proposto ma imposto. L’alternativa è l’uscita dall’organizzazione.
Il fatto di osservare questi approcci come molto diffusi non deve lasciarci credere che siano anche gli approcci più efficaci. Molte ricerche scientifiche hanno infatti evidenziato che i progetti di cambiamento vanno a buon fine, producendo un nuovo assetto organizzativo costruttivo (ossia un cambiamento che aumenta il grado di efficacia organizzativa), principalmente quando il middle management viene messo in condizione di promuovere, tramite forme di leadership partecipata, una nuova identità collettiva.
I manager di prossimità, quando messi in condizione di interpretare un ruolo di spessore, sono coloro che possono riorientare le energie dei propri team verso un nuovo modo di lavorare insieme. Si tratta di un processo che, frequentemente, richiede un cambio di paradigma.
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