
La cultura del feedback, già ampiamente radicata nei Paesi anglosassoni, fatica ancora a trovare spazio in Italia.
Eppure, il feedback rappresenta uno strumento potente di sviluppo collettivo e di performance individuale, ideale per le aziende che vogliono responsabilizzare i propri collaboratori e favorire una cooperazione più autentica all’interno dei team.
Ecco alcuni consigli pratici per riuscire a integrarlo efficacemente nella cultura aziendale.
Definizione: che cos’è la cultura del feedback?
Il feedback è una pratica manageriale sempre più diffusa, e con buone ragioni. Secondo uno studio di Gartner, la sua introduzione può aumentare le performance dei team fino al 26%.
Attraverso il confronto e la messa in discussione, il feedback accresce l’impegno e la motivazione dei collaboratori, rafforzando il senso di appartenenza intorno a obiettivi comuni.
Sviluppare una cultura del feedback nel lungo periodo permette inoltre di diffondere una logica di corresponsabilità, migliorare la reattività e accrescere l’agilità organizzativa, spiega Jérôme Bourgeat, consulente in management nel team Learning & Solution del gruppo Cegos.
Essere pronti a mettersi in discussione
Un’evoluzione culturale non si impone dall’alto: va accompagnata con tatto e gradualità. «È possibile evolvere passo dopo passo verso un’abitudine di feedback regolari», afferma Bourgeat, «a patto di accettare di mettere in discussione la cultura del capo e il modello di command and control ancora radicato in molte aziende francesi.»
Per far sì che il feedback diventi parte integrante della cultura aziendale, bisogna conferirgli una dimensione circolare e multidirezionale: tutte le voci contano, anche quelle dei dipendenti.
«Chiunque è legittimato a dare un riscontro, qualunque sia il proprio ruolo in azienda. Non solo i dirigenti o i manager. Questo approccio scuote sia i manager, che devono imparare a lasciar andare il controllo, sia i collaboratori, che devono imparare a esprimersi con coraggio — e non solo durante il colloquio annuale», sottolinea Bourgeat.
Quali aziende possono raccogliere la sfida?
Non tutte le aziende sono pronte ad adottare una cultura del feedback.
E non si tratta di una distinzione tra grandi gruppi e piccole imprese.
«Una delle condizioni per riuscirci è avere già un modello di management sufficientemente collaborativo», spiega Bourgeat.
Le aziende con una cultura troppo gerarchica faranno più fatica, perché il feedback deve essere sostenuto e incarnato dal top management.
I dirigenti devono essere i primi a chiedere e ad accettare feedback dai propri collaboratori, con benevolenza e umiltà.
Solo così i dipendenti, per reciprocità, saranno a loro volta disposti a dare e ricevere feedback con rispetto.
Anche quando le condizioni sono favorevoli, il cambiamento può essere lungo e delicato: nella cultura latina, infatti, apertura e autocritica non sono sempre immediate.
Come sviluppare una cultura del feedback
Ci sono molti modi per introdurre una cultura del feedback in azienda.
Ecco un piano d’azione in 5 fasi chiave, proposto da Cegos.
1. Diagnosticare e fissare la direzione
Il primo passo è rispondere alla domanda “Perché?”
Perché vogliamo instaurare una cultura del feedback? Cosa vogliamo far evolvere?
«È da qui che l’azienda può fare la propria diagnosi e dare senso all’iniziativa», spiega Bourgeat.
Occorre quindi analizzare le pratiche esistenti — formali e informali —, il modello di management, i rituali, lo stile di leadership, i fattori motivazionali.
Una volta chiari questi aspetti, si può definire la strategia di implementazione del feedback, integrandola nei processi HR e di monitoraggio delle performance.
«Il feedback deve concentrarsi sul lavoro reale e sulle azioni concrete, non solo sui risultati finali», ricorda Bourgeat.
2. Coinvolgere i manager
Fin dall’inizio del progetto è fondamentale coinvolgere i manager e i decisori, che devono diventare sponsor del cambiamento culturale.
Può trattarsi dei membri del comitato di direzione, del direttore HR o dei responsabili di business unit.
«È sempre meglio partire dall’alto: il progetto deve essere sostenuto prima dai dirigenti, poi dai manager di prossimità.
Altrimenti si cambia la pratica, ma non la cultura del feedback», spiega Bourgeat.
In questa fase è utile accompagnare i manager con percorsi di formazione:
sono loro, infatti, a dover dare l’esempio e a guidare le squadre nello sviluppo della capacità di ricevere e dare feedback in modo costruttivo.
3. Scegliere gli strumenti giusti
«Poiché non è naturale dire ciò che va e ciò che non va, servono strumenti di comunicazione per preparare e formulare i feedback», osserva Bourgeat.
Questi strumenti — digitali o meno — devono essere semplici, e aiutare a:
- chiarire i fatti e il contesto,
- esprimere le percezioni e le emozioni in gioco,
- proporre soluzioni costruttive o porre domande per migliorare.
La scelta deve essere condivisa e validata con i manager, valutando anche quali strumenti o pratiche esistano già in azienda, per integrarle nei rituali e nei momenti di confronto.
4. Coinvolgere i collaboratori
Una volta scelti gli strumenti, è necessario che il feedback venga adottato collettivamente.
Per riuscirci, è fondamentale dare senso alla pratica.
«Il lavoro di accompagnamento e la gestione del cambiamento non devono essere sottovalutati», afferma Bourgeat.
«Occorre spiegare la finalità del feedback, i benefici per i collaboratori e per l’efficacia collettiva, chiarendo ruoli e aspettative, dando l’esempio e procedendo per gradi.»
Anche in questa fase, una formazione specifica alla pratica del feedback, adattata a ciascun contesto, può essere molto utile.
5. Accompagnare nel tempo
Per rendere duraturo il cambiamento, serve un accompagnamento costante e un monitoraggio nel tempo.
È importante valutare l’impatto del feedback sulle pratiche professionali, sull’impegno, sulle performance e sul benessere dei dipendenti.
«Ci si deve chiedere: abbastanza persone si sentono libere di dirsi le cose apertamente per lavorare meglio insieme?»
Gli indicatori devono essere scelti su misura, in base agli obiettivi aziendali.
Per accelerare la trasformazione, conviene moltiplicare le esperienze positive di feedback reciproci, partendo dai manager e dai collaboratori più proattivi.
«Un manager deve essere un esempio: può, ad esempio, chiudere una riunione chiedendo al team come è stata percepita, se è stata utile e come migliorarla», suggerisce Bourgeat.
Organizzare momenti di condivisione delle esperienze sul feedback e sui suoi effetti è un altro modo efficace per misurare i progressi.
Il ruolo della formazione nella cultura del feedback
Come abbiamo visto, la formazione gioca un ruolo centrale nella diffusione di una vera cultura del feedback.
Formare i collaboratori è essenziale affinché conoscano i principi, i tre tipi di feedback, le errori da evitare e le buone pratiche per dare e ricevere feedback.
La formazione è anche uno strumento prezioso per accompagnare il cambiamento, consolidare i comportamenti desiderati e sostenere la costruzione di una cultura più aperta, cooperativa e orientata alla crescita condivisa.
Leggi l'articolo di Aurélie Tachot in lingua originale.