Smart working, ovvero riflessioni sul "lavoro nomade"
- non identifica semplicemente il lavoro a distanza, bensì un complesso modo di gestire la propria attività correlato alla trasformazione del contesto di fare business, di veicolarlo digitalmente, di abbinarsi magicamente all’evoluzione generazionale
- pone diversi quesiti che ribaltano non poche convenzionalità organizzative, rappresentate, ad esempio, dalla interazione tra l’azienda e i lavoratori nomadi e intelligenti che non può essere tradizionale per la dissoluzione delle frontiere mentali in parte derivante da quella delle frontiere geografiche, per la dispersione delle informazioni, per la produttività non più legata a canoni stereotipati e a comando e pertanto sempre meno controllabile live, per la tendenza di alcuni responsabili al micromanagement.
- Il valore che l’individuo assegna al lavoro in generale, e alla condizione di smart worker in particolare: questo valore cambia e come tale eventuale cambiamento si riflette sulla gestione manageriale.
- Quanto l’individuo ricerca all’interno del suo lavoro, come diretta conseguenza del punto precedente.
- L’effetto di coerenza tra l’individuo e l’attività che porta avanti, tra le sue attese e i suoi valori e l’importanza che annette alla tipologia di ambiente professionale che sta intorno al suo lavoro: quindi in che misura lo smart worker possa soffrire di carenza di identità aziendale e cosa fare per attenuare l’effetto.
- Enfatizzare gli aspetti benefici di questa forma lavorativa per la persona.
- Sviluppare al massimo i criteri efficaci di management a distanza.
- Saper dosare il mix di orientamento e confronto con l’ausilio dei tool tecnologici.
@tiziano_botteri |