Orientamento ai Big Data

12/10/2016
Oggi la mole di dati prodotta dalle aziende è enorme, ma dobbiamo considerare che all’interno dei Big Data troviamo tutte le risposte che il mercato sta chiedendo e come noi possiamo guidare lo sviluppo del nostro business: occorre semplicemente essere proattivi verso i Big Data.

Big Data: un approccio mentale

Quando negli anni ‘90 cominciai a lavorare ad una piccola start-up che implementava sistemi di DSS (Decision Support System) non avevamo ancora l’assillo dei Big Data. A quel tempo era già tanto spingersi in analisi di serie storiche per ricavare qualche informazione supplementare che potesse essere da supporto allo sviluppo del business.Oggi il mondo è completamente cambiato perché attraverso le varie community, da quelle professionali a quelle legate al mercato ed ai consumatori, le aziende sono in grado di raccogliere quantità enormi di informazioni, che nella maggior parte dei casi rimangono chiuse nei server e nei data warehouse aziendali, senza avere la men che minima possibilità di risultare utili alle organizzazioni per sviluppare il proprio mercato.Il problema ovviamente non risiede nella parte hard dello scenario (pc, sistemi, strumenti ect.) ma nell'aspetto più soft, ossia la mente umana e l’attitudine all'analisi delle informazioni. Una specie di pigrizia mentale che durante la nostra vita privata diventa un elemento strategico, ma una volta oltrepassata la soglia dell’ufficio diventa un’apatia atavica che coglie molte persone. E’ quindi un problema semplicemente mentale, di approccio ai problemi che non ci sprona a cercare le giuste risposte all'interno delle informazioni possedute dalle organizzazioni.

Big Data: l'opportunità di una corretta gestione

Questo elemento si rispecchia nella, in alcuni casi, bassissima propensione alla gestione della customer experience, perché la risoluzione di determinati problemi dei nostri clienti sembra non interessare il nostro collega di turno. Questa mancanza di proattività crea un circolo vizioso che permette ai competitor di catturare nuove quote di mercato.Un secondo atteggiamento negativo riguarda le diverse strategie aziendali che possono essere sviluppate sulla base dei dati in possesso all'organizzazione. Ci si ferma al compitino, a qualcosa già fatto o “copiato” su qualche forum professionale, ma non basta copiare qualche slide da Slideshare per essere un esperto dell’argomento.Terzo scenario riguarda la capacità competitiva dell'azienda. Lavorando sui Big Data si riescono a trovare delle sacche di inefficienza che possono fare la differenza tra il fallimento ed il successo dell’impresa.

Il Manager e i Big Data

Ragionando solamente su queste tre situazioni appare chiaro quanto il management di un’organizzazione debba insistere sui concetti di cliente interno, di gestione modulare dei problemi, di totale virtualizzazione delle relazioni interne ed esterne, di una capacità dinamica nell'affrontare le nuove sfide aziendalie di massima decentralizzazione, lavorando sulla massimizzazione dell’accountability end to end.Oggi la questione dei Big Data sta sulla scrivania di ogni Manager, che per primo deve dimostrare una proattività fuori dal comune nella gestione delle analisi delle informazioni possedute. Non ci dimentichiamo che noi nel privato siamo molto più proattivi e orientati ai Big Data rispetto a quello che avviene all'interno delle organizzazioni: quanti di noi sono stati ore a valutare tutte le informazioni possibili su Booking solo per prenotare una vacanza estiva? La stessa filosofia dovrà essere stimolata dal Manager. Molto facile a dirsi ma più complicato a farsi, ecco perché ritorna il solito ritornello dei precedenti articoli: innovazione, quindi benvenuta l’analisi dei Big Data, ma insieme alla costante della Velocità di azione.Luca GelmettiLuca Gelmetti Innovation & Industry 4.0 Consultant